sabato 8 marzo 2008

Proposta di lettura...prosegue/3

Prosegue il racconto (le altre due puntate il 24 e 29 febbraio). Attendo nuove anche da voi...


È come al ritorno dal nostro primo viaggio. Sapevo dall’inizio che, dopo la prima settimana insieme – veramente e finalmente in due – ci saremmo dovuti separare per un mese, o poco più. E cosa sarebbe accaduto? Sarebbe finito tutto come in una bolla di sapone? Avresti avuto bisogno di me? La lontananza avrebbe acuito questo sentimento o gli sarebbe stata fatale? Dubbi snervanti, accuratamente ignorati, almeno sino al momento della ripartenza. Valigie chiuse in fretta, per allontanare il concerto di groppi in gola, sempre in agguato. Occhi con luccicone in canna e occhiali da sole d’ordinanza. Anche quella volta non ti sfuggì nulla. “Cos’hai?”: mi chiedesti, venendomi incontro, mentre sistemavo le ultime cose. “Sono un po’ triste – ti sussurrai all’orecchio, perdendomi in un lungo abbraccio – non vorrei ripartire. Qui ho tutto quello che potrei desiderare. Ci sei tu, il mare, un bel sole. Cos’altro potrei volere?”. Non rispondesti. Ma, in quel momento, qualsiasi cosa dicessi non avrebbe mai eguagliato l’intensità e la voluttà del bacio che, cogliendomi alla sprovvista, mi rubasti. E a me bastava quello: sentirti vicina. Sentirti mia. Le ultime ore sull’isola così passarono in fretta. Io, alle prese con borse, zaini, valigie d’ogni peso e dimensione, da trascinare ovunque, sino alla nave. Tu a risolvere le ultime formalità prima della partenza. Una coppia. E che bello riscoprirti a pensare per due. A pensare a me. Come, del resto, avevo fatto io, da subito. Da quando il mio sguardo aveva incrociato il tuo.
Quindi, il momento dell’imbarco. Il mare grosso ci mise del suo, ma tu eri lì al mio fianco e fuori ci sarebbe potuta essere anche una tempesta. Non l’avrei notata. Eri stata bene con me in quei giorni. Te lo leggevo negli occhi. E me lo leggevo addosso. Si perché, poco prima di salire a bordo, scherzosamente (ma neanche tanto), avevi deciso di lasciarmi un messaggio. “Ma non come farebbero tutti”: dicesti subito. E il tuo sorriso malizioso non lasciava intuire alcunché. “Come vorresti scrivermelo allora?”: chiesi tra l’interdetto e il divertito. “Non come, ma dove”. E così, armata di penna e determinazione, t’arrampicasti sulla mia spalla, per siglarmi lo spazio tra collo e scapola. “Dovrai leggerlo solo a casa, però”: mi ammonisti. Lo lessi subito. Bastò uno specchio e un attimo di distrazione dell’autrice. “TI VOGLIO BENE”, impresso a chiare lettere. E avessi potuto, in quell’istante, me lo sarei fatto tatuare. In alternativa, non mi sarei più lavato. Ero felice. Mi bastava guardarti. Avessi avuto doti da grande fotografo, avrei immortalato ogni espressione del tuo viso. Quel misto di sorpresa, timore, desiderio di scoperta e novità, pur con la spia della razionalità sempre accesa. Ma finalmente eri riuscita a vincere un minimo di ritrosia. Avevi accolto questo fiume in piena tra le tue braccia. Ti eri lasciata trascinare, guidare, condurre su sentieri sino ad allora sconosciuti. Eravamo insieme. Ma – ironia della sorte – destinati a separarci, almeno per un po’, una volta approdati. Che sia scritto nel nostro destino? Sicuramente una costante. Ma quella notte trascorsa sugli scomodi sedili di un traghetto in balia delle onde, col senno di poi, fu più di un indizio del nostro sentimento. Una conferma dei primi vagiti di un amore folle. “Forse è meglio se ci lasciamo”: mi dicesti, ad un tratto, con la solita sconvolgente e disarmante razionalità. “Non fraintendermi: sono stata benissimo con te. Sei una persona speciale. Ma non sono sicura che, una volta a casa, possa essere la stessa cosa. E questo non sapere mi rende irrequieta”. Un pugno nello stomaco avrebbe fatto meno male. Tutti i miei timori materializzati in un istante. E non c’eravamo ancora separati. Un calore improvviso m’avvolse. Mi sentivo paonazzo. E probabilmente lo ero. Poi, provai a farfugliare qualcosa, ma come un pugile suonato che va a farfalle, riuscii solo a dire: “Fammi capire: hai bisogno di sentirti libera per quel che rimane di questa estate? Non vuoi avere legami?”. “Credi davvero sia quella la mia preoccupazione?”: rispondesti stizzita. “Penso di no, ma ti giuro che, al momento, credo di non essere sicuro neanche del mio nome”. E fu lì che non riuscisti più a trattenere le lacrime. Ed io con te. A ripensarci, una situazione paradossale. Troppo preoccupati del poi, non riuscivamo a goderci il durante. Ma non potevamo sprecare altro tempo. “Facciamo così – ti dissi, quasi esausto, asciugandoti le lacrime – lasciamo da parte programmi e promesse. Questi giorni che verranno non saranno facili. Potrà succedere tutto e il contrario. Potrai avvertire la mia mancanza, ma anche no. Potrai aver voglia di chiamarmi o dimenticarmi del tutto. Ma non dovrai sentirti in colpa, né in dovere. E tanto meno io potrei rimproverarti alcunché. Abbiamo trascorso una bella settimana. Ci siamo conosciuti meglio. Abbiamo riso, scherzato, abbiamo assecondato la nostra reciproca attrazione. Al tuo ritorno, basterà uno sguardo. E capiremo cosa sarà di noi”. Riuscii a dirtelo tutto d’un fiato, quasi un libro stampato. Talmente convincente e sicuro che, a momenti, sarei riuscito a tranquillizzare anche me stesso. Ma si trattava solo di una bella maschera, indossata per l’occasione. Bastò. Se non altro, a rasserenarti. A non farti pensare al poi. Anche se, intanto, continuavo a macerarmi. E non lo nascosi in un messaggio che, qualche tempo dopo ti scrissi – stavolta in maniera canonica – rivivendo quella sera.

“Sapevo quanto esiguo fosse il tempo da trascorrere insieme e quante altre cose avrei voluto dire, avrei voluto fare per legarti a me. Per fare in modo che la lontananza non cancellasse il sapore e il piacere di quei momenti trascorsi. Fin dall’inizio ero consapevole di un simile rischio, preferendo però vivere l’attimo, rendendolo sempre più speciale e facendo in modo che s’imprimesse come un’icona nella tua testa, nel tuo cuore. Tanto avrei potuto dire, tanto avrei potuto fare, ma a suggello di quell’istante una sola cosa mi passò per la mente: TI AMO!”

[Continua. Forse!]

2 commenti:

SerialLicker ha detto...

"pensare per due"
mi piace...
continui o no?

Mirko ha detto...

Al più presto...stanne certo! Grazie